UNA RIVOLUZIONE POLITICA
Le società attualmente esistenti sul pianeta sono molteplici varietà, tutte diverse perché risultati di differenti percorsi storici, di un unico tipo. Esso prevede una forte polarizzazione della ricchezza e del potere politico tra un'esigua minoranza che li detiene entrambi, (ricchezza e potere politico) e una larga maggioranze che possiede da niente a poco (poco non tanto in rapporto ai bisogni, ma in rapporto alle proprietà veramente grandi) e non decide nulla. Dovunque nel mondo l'unico diritto che non subisce restrizioni è quello di proprietà, ritenuto da tutti sacro e inviolabile, sovraordinato a tutti gli altri, nella convinzione che sia la ricchezza accumulata a produrre altra ricchezza, mentre il lavoro umano sarebbe un fattore della produzione sovrabbondante, che nei paesi ricchi viene pagato più del suo effettivo valore solo per ragioni politiche.
In un certo senso anche il potere politico è di un unico tipo. Le più brutali dittature e le più compiute democrazie hanno in comune l'esclusione del popolo dai processi politici. Il sistema vigente si basa dunque su una duplice separazione, nella sfera privata un'esigua minoranza si appropria di una quota assolutamente sproporzionata della ricchezza, nella sfera pubblica il potere decisionale è concentrato in un piccolo numero di decisori. Nei paesi più "progrediti" questo si chiama "democrazia rappresentativa". "Rappresentativo" è termine che può riferirsi a situazioni molto diverse. Infatti si può "stare al posto di un altro" per supplire a un'impossibilità e fare i suoi interessi, che altrimenti verrebbero trascurati o negati, oppure al contrario per estrometterlo e impedirgli di esercitare i suoi diritti. La differenza è enorme, ma linguaggio e mitologie martellate dal sistema mediatico intorbidano le acque al punto che il comune cittadino avverte la fregatura, ma fatica a capire da dove venga.
La funzione dei media è fondamentale. Si tratta di un sottosistema che ha preso il posto della religione (organizzazione mondana, da non confondere con la fede) nel fornire numerose narrazioni alternative, ma tutte atte a mistificare la realtà, a confondere cause ed effetti, a formare o a consolidare l'idea che le norme che reggono questa società corrispondano a leggi scoperte dalla scienza, non a convenzioni che si basano esclusivamente sul consenso generale. Ossia, sono vere perché sono credute vere, non per altro.
Oggi l'illimitato diritto di proprietà, contro ogni ragionevolezza e senso di giustizia, e un altrettanto irragionevole potere politico al servizio degli interessi dei pochi, stanno trascinando il mondo verso una catastrofe ambientale certa, con l'aggiunta di pericoli di guerre tra le maggiori potenze e perfino dell'uso di armi nucleari.
E' urgente liberarsi del dominio delle élite, i pericoli sono gravi e imminenti, ma non dipendono da meccanismi oggettivi, di natura economica o altro. Dipendono da un sistema di potere che le classi possidenti hanno difeso e continueranno a difendere con tutti i mezzi a loro disposizione, che sono davvero tanti.
La narrazione attuale sulle disuguaglianze, ormai una moda (non a caso) contribuisce a confondere le acque, piuttosto che a fare chiarezza. Mettendo insieme tutte le disuguaglianze di reddito e di proprietà come fossero una successione pressoché continua, si perde di vista la contraddizione principale, che sfugge se si osserva la distribuzione della ricchezza e dei redditi dividendo la popolazione in decili o anche in centili. La grande ricchezza, il nucleo o motore della società delle inevitabili e ineliminabili disuguaglianze è costituita da pochi individui, poche migliaia di nababbi che a cascata producono la stratificazione sociale sotto di loro. Una stratificazione che nel centile più alto è ancora piuttosto densa. Solo più in alto nella distribuzione dei redditi e delle proprietà la successione si assottiglia fino a sgranarsi. Lì allora si vede la vera cesura tra popolo e élite..
La troveremo dove i redditi hanno raggiunto una differenza di mille, diecimila volte, e le proprietà anche di più, sicché capiremo che in questo mondo, in spazi paralleli e vicini, ma reciprocamente invisibili, se non in qualche momento particolare, o nei film, convivono due mondi diversi, come la "materia oscura" che secondo gli scienziati forma il 95% della materia esistente, ma noi non la vediamo. Yacht, aerei privati, dimore circondate da parchi curatissimi, alberghi da 2-4000 e più euro per notte a persona, vini da mille e più euro a bottiglia, auto che costano milioni (proprio così, milioni: non possono circolare, non sono omologabili, ma c'è chi le compra) ecc. ecc.. Ma il vero problema non è neppure questo. Come per la politica, quanto costano è un problema, ma ancora più grave è quello che fanno, i politici con i loro poteri, i ricchissimi con tutte le ricchezze che gli avanzano e con tutte le altre che sono in grado di mobilitare tramite i meccanismi di voto nelle società e la leva finanziaria che il credito di cui godono mette a loro disposizione.
Una società più giusta, la società della cura, può nascere se e quando il popolo sarà capace si introdurre tre limiti: ai diritti di proprietà, al potere dei corpi elettivi, alla presa della proprietà sul sistema mediatico. Dei tre, il fattore trasformativo, la leva del cambiamento è il secondo. Il potere legittimo di decidere per tutti non può essere collocato in via permanente e definitiva in un corpo separato dalla società. Viceversa, permanendo le condizioni che permettono la concentrazione di enormi ricchezze libere (eccedenti i bisogni di consumo) in pochissime mani, la democrazia non può esistere.
La partecipazione di per sé può essere un affinamento dell'arte di governo. Siamo passati dal government alla governance, l'ulteriore passo è la partecipazione. Come il suffragio universale, la partecipazione può rafforzare il sistema di dominio anziché affossarlo.
Non esiste alcuna soluzione tecnica a questo problema. La forza e la qualità del movimento popolare che lotta per ottenere la condivisione del potere decisionale tra rappresentanti eletti e popolo è il fattore decisivo, nessun altro.
Convergenza dei movimenti locali e tematici verso la società della cura. Metodo del consenso, unione di strutture verticali e orizzontali.
La società della cura incomincia a nascere come movimento volontario che si dà fin dall'inizio obiettivi e regole congruenti con il progetto che coltiva. Modalità decisionali ispirate al metodo del consenso, strutture orizzontali collegate o collegabili anche senza dover passare necessariamente per un vertice. La regola aurea è il rifiuto della logica escludente dell'aut aut, per quella, inclusiva, del vel vel. Che nel caso dell'organizzazione del nostro movimento significa realizzare le necessarie strutture verticali affiancate però da strumenti di comunicazione a disposizione di tutti. E da pratiche decisionali orizzontali e non semplicemente maggioritarie (vedi Allegato 1).
I fattori di crisi del sistema globale si stanno moltiplicando. Anche tra noi si manifesta la tendenza a un atteggiamento difensivo del presente, o addirittura del passato. Questo sistema politico è indifendibile, la parola d'ordine "difendere la democrazia rappresentativa" è sbagliata e fuorviante. Non c'è mai stata una democrazia rappresentativa, ma una democrazia elettorale che è stata un progresso e una conquista del popolo, ha permesso lo sviluppo di una società civile differenziata, plurale, molto più attenta ai diritti della persona e dei viventi in generale. Ma che ha lasciato mano libera alla concentrazione della ricchezza e del potere reale in pochissime mani, e il consolidarsi di un ordine nazionale e internazionale profondamente ingiusto, plutocratico e in molti modi disumano, pronto a sostituire il soft power di cui dà prova nelle democrazie occidentali con la più ripugnante brutalità verso chi ostacoli i suoi interessi, o semplicemente non abbia la forza di far valere i propri. Come i popoli del Sud del mondo, o la natura.
Nei paesi come il nostro almeno il 70-80% della popolazione ha l'interesse materiale di contrapporsi all'élite dei miliardari. Solo l'ottavo decile ha mediamente una ricchezza corrispondente alla media nazionale, mentre tutto il nono decile e quasi tutto il decimo sono benestanti percepibili come élite dalla parte più povera della popolazione, ma sono popolo agli occhi dell'élite. Il popolo comprende, con molte differenze e contraddizioni interne, quasi l'intera popolazione, ed è in grado di far funzionare la società senza l'élite, il cui potere deriva dalla ricchezza rappresentata nella sua forma finanziaria, una forma sostanzialmente inutile, anzi dannosa.
Piccoli movimenti crescono. Partecipazione o lobbismo?
I movimenti territoriali crescono diventando movimenti politici. Come? Confrontandosi con le istituzioni, traducendo le proprie richieste in norme da sottoporre al giudizio popolare tramite l'utilizzo degli idonei strumenti partecipativi. Il rischio sempre presente è che i movimenti credano che la partecipazione siano loro, e che partecipare significhi trattare con l'Amministrazione utilità, facilitazioni, per sé (come associazione) o per una categoria.
Bisogna distinguere nel modo più netto la partecipazione dal lobbismo.
Facilitare l'uso degli strumenti di partecipazione esistenti.
In generale, occorre facilitare la partecipazione dei cittadini introducendo alcune modifiche o integrazioni alla normativa vigente in materia.
Gli strumenti di partecipazione oggi esistenti a livello comunale, regionale e nazionale sono poco utilizzati perché trasformare disagi e bisogni avvertiti a livello individuale in proposte che raccolgano il consenso di un collettivo che quindi si deve organizzare, trovare luoghi dove riunirsi, le competenze tecniche relative all'oggetto della proposta, le conoscenze legali e procedurali e poi tutta la trafila di raccolta firme ecc. ecc. è un impegno e una fatica enorme per singoli volontari che si assumano totalmente a proprie spese il compito di fare qualcosa di utile per l'intera comunità, ricevendone in cambio ostacoli e spese da sostenere. Il più delle volte per risultati modesti o nulli. Mentre i documenti ufficiali si prodigano in apprezzamenti positivi e incoraggiamenti verso la partecipazione dei cittadini, le norme e i regolamenti rivelano l'intento di far pagare caro ai cittadini il loro interessamento per la vita e i problemi della comunità.
Si palesa in pieno che al di là della retorica ufficiale le istituzioni elettive siano totalmente e per principio ostili all'esistenza di canali che permettano ai cittadini di essere soggetti politici. Tutto il sistema politico è strutturato per escludere i cittadini, il popolo, dalle decisioni politiche, dato che le istituzioni debbono essere al servizio degli interessi delle élite locali, nazionali e globali. Gli strumenti di partecipazione esistenti hanno essenzialmente la funzione di dimostrare che la separatezza dei decisori politici dalla società è voluta dal popolo, che non vuole assolutamente occuparsi dei problemi collettivi, ma come un bambino pigro, capriccioso e viziato vuole protestare, fare le bizze, ammalato com'è di sterile egocentrismo e irriducibile egoismo. Per fortuna che esiste invece una classe politica professionale, che vede l'interesse generale (per carità, può anche commettere degli sbagli, è umano!) e lo impone al popolo riottoso. Una narrazione generalmente accettata che dimostra la potenza anche spirituale delle classi dominanti, che riescono a imporre una scissione della personalità. Le persone si scindono da sé stesse, tramite la semplice diffusione di un'espressione linguistica: "La gente fa....è...", senza accorgersi di stare diffamando sé stessi.
Occorre con la massima energia pretendere alcuni correttivi apparentemente piccoli, ma nella pratica determinanti, senza cui la partecipazione resterà sempre una pratica ultraminoritaria e talmente onerosa da suscitare, come ogni pratica eccessivamente eroica, diffidenza e sospetti, o in alternativa derisione, nella maggioranza dei cittadini:
- ogni gruppo di cittadini che intenda presentare all'Ente territoriale una proposta in materia di sua competenza, previa la raccolta di un numero congruo, ma relativamente modesto di firme e altre eventuali condizioni che testimonino la serietà dell'impresa, hanno diritto all'uso di locali pubblici per riunioni e assemblee, con attrezzature idonee, e alla consulenza degli uffici comunali competenti, allo scopo di giungere a una formulazione formalmente corretta della proposta e procedere alla raccolta pubblica delle firme necessarie, che in ogni caso non dovranno essere richieste dall'Ente interessato in una misura minimasuperiore al 1% degli elettori. Il tempo minimo concesso sarà di almeno 6 mesi.
- Le firme possono essere autenticate dagli stessi promotori sotto la loro responsabilità. Possono essere raccolte in formato cartaceo o elettronico online con modalità analoghe a quelle previste dal regolamento europeo per le ICE (Iniziative dei Cittadini Europei).
- Il quorum dei referendum nazional e locali non può essere superiore al 30% degli elettori.
La partecipazione dei cittadini ai processi decisionali è parte integrante e qualificante della società della cura.
Uno sguardo avanti...
Guardando avanti, il movimento politico trasformativo della società esistente attuerà forme di gestione partecipativa dei beni comuni, per i quali esistono gà esperienze significative, come l'Asilo Filangeri, ed elaborazioni e proposte come il regolamento dello stesso Asilo Filangeri e del comitato Attac di Torino (Allegati 2 e 3).
La società della cura dovrà attuare una limitazione dei diritti di proprietà. Una soluzione, oltre al reddito di base incondizionato (per il quale è in corso la raccolta firme ad iniziativa dei cittadini europei), a una fiscalità fortemente progressiva, un'imposta di successione molto alta per i grandi patrimoni (auspicabilmente inutile se si riuscirà ad evitarne la formazione), potrebbe essere il diritto di dipendenti e comunità locali di eleggere propri rappresentanti nei consigli di amministrazione delle società, sia pubbliche che private in una misura rilevante, almeno pari alla metà dei voti.
Si potrebbe usare largamente il metodo dell'estrazione a sorte per controllare l'operato degli organismi elettivi, innanzi tutto i bilanci di previsione a livello locale e nazionale. Una pratica che potrebbe essere già utilizzata a livello locale, laddove l'Ente acconsentisse, visto che non esiste norma che lo impedisca.
Ancora un punto, indispensabile per completare e dare coerenza al nuovo sistema politico basato sulla partecipazione. Questa infatti, se non deve essere l'ennesimo rito pseudodemocrattico, presuppone un'informazione onesta, libera da condizionamenti e intenti manipolatori.
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