IL DONO AL VENETO - PER USCIRE DIVERSI E MIGLIORI DALLA CRISI





Sistema  Socio Sanitario

Potenziare le dotazioni e riprogrammare  il sistema socio-sanitario del Veneto

Premessa

La pandemia da Sars-CoV-2  ha messo drammaticamente in evidenza la debolezza strutturale del sistema socio sanitario anche nel Veneto e ha colpito le persone  in modo molto differente a seconda della loro condizione di salute, dell’ esposizione all’inquinamento e dello stato sociale. Le morti, infatti, colgono per il 90%  soggetti fragili sanitariamente (anziani,  malati  di ipertensione, obesità, diabete, malattie cardiovascolari e respiratorie e con patologie cronico-degenerative) e socialmente (disabili, malati mentali) e soggetti deboli economicamente (persone che vivono situazioni socioeconomiche e abitative precarie, comunità etniche e minoranze che non hanno accesso ai servizi del welfare,  lavoratori e  lavoratrici sottopagati, famiglie povere e in condizioni di sovraffollamento e promiscuità). I lunghi mesi di lokdown  a singhiozzo, la chiusura delle scuole, la insicurezza economica hanno poi aggiunto sofferenze psicologiche, stress, ansie. Negli anziani l'isolamento ha provocato un deterioramento delle demenze per la riduzione della socialità.

Ci troviamo quindi a dover affrontare non una sola pandemia, ma una “sindemia”; non una semplice comorbidità, ma la interazione di patologie biologiche e sociali che aumentano la suscettibilità al danno di una persona e ne peggiorano le condizioni sanitarie. Il Covid ha aggravato le situazioni di diseguaglianza, fragilità, cronicità.

Teniamo contro per di più che il virus Sars-CoV-2  potrebbe essere ancora in una fase iniziale e che potrebbe mutare per adattarsi alla nostra specie, come accade a molti virus a Rna emersi da serbatoi animali (spillover, “salto di specie”). Per cui non è prudente affidarsi alla sola risposta biomedica con la somministrazione di un vaccino  (la cui immunizzazione nel tempo è, peraltro, ancora tutta da provare).

Serve un’azione di prevenzione che vada in profondità e ad ampio raggio. Tenendo conto delle emergenze già preesistenti, come per i PFAS e le polveri sottili inalabili.

Proposte

Raddoppio del personale medico, sanitario e amministrativo dei dipartimenti di prevenzione (fortemente diminuito in questi ultimi anni).

Immediato piano straordinario per il reclutamento e l’assunzione pubblica del personale medico e paramedico (figure professionali quali infermieri, OSS/OTAA, tecnici della prevenzione, tecnici della riabilitazione, tecnici di laboratorio, tecnici di radiologia, assistenti sociali, ecc) fino al conseguire l’espletamento del 99% delle richieste di visita o esami delle urgenze a breve (10gg) e differibili (30gg).

Sospensione del numero chiuso alla Facoltà di Medicina e ampliamento del 50% dei posti per tutte le scuole riguardanti le professioni sanitarie e finanziamento del raddoppio delle borse di studio per tutte le specializzazioni di area medica.

Istituzione di un team di epidemiologi per ogni Usl, capace di monitorare l’incidenza e la prevalenza  delle malattie trasmissibili e cronico-degenerative. (Progetti di sorveglianza epidemiologica e servizi di sorveglianza virologica; campagne vaccinali; misure integrative dei livelli di rischi nelle Rsa, centri diurni, carceri, ecc.). In accordo con i Medici di famiglia deve essere istituito un sistema di sorveglianza e segnalazione telematica delle reazioni avverse vaccinali e farmacologiche.

Aumento del numero dei posti letto ospedalieri, già insufficiente nel periodo precovid-19, completo di attrezzature per le emergenze. Riapertura dei servizi e dei reparti pubblici di riabilitazione, sostituiti da prestazioni private e da ospedali di comunita' (quando ci sono) che hanno competenze specifiche molto inferiori.

Potenziamento degli Spisal sia per la prevenzione/vigilanza ma anche per la lotta all'aumento esponenziale delle malattie professionali. Attività da svolgere in integrazione con i servizi delle Asl per la sorveglianza di produzioni che comportano inquinanti tossico-nicivi per l'ambiente.

Realizzazione di un piano che preveda un numero adeguato di  hospice e di unità riabilitative territoriali, senza nessun costo aggiuntivo per l'utente. Fermare invece la costruzione di nuovi edifici per i cosiddetti "centri di eccellenza".

Il Distretto socio-sanitario dovra' nuovamente avere una popolazione di riferimento adeguata alla possibilita' di costituire un centro di regia per tutta la medicina sul territorio (non piu' di 50.000 abitanti),  per essere non solo un contenitore per prestazioni specialistiche ambulatoriali, ma la struttura fisica di prossimità che unisca servizi, operatori e utenti, presupposto fondamentale per una comunicazione efficace tra di loro, che deve utilizzare anche un sistema informatico adeguato. Vanno mantenuti gli ambulatori periferici. (Vedi la ipotesi di progetto del Movimento per la difesa della sanità pubblica veneziana).  Vanno istituite le Case della salute con team multidisciplinari che intervengano anche a domicilio.

Garantire il pieno finanziamento dei Piani di Zona dei servizi sociali in tutti gli  ambiti di intervento: salute mentale, disabilità, dipendenze, anziani, famiglia, povertà/inclusione sociale. In particolare vanno potenziati i Centri di salute mentale (h.24), l’offerta domiciliare, i progetti per la presa in carico con supporto riabilitativo individuale, l’assegnazione di quote aggiuntive per prevenzione e riabilitazione, i servizi di monitoraggio sulla qualità dei servizi territoriali.

Sperimentare il welfare di comunità, dove la cittadinanza attraverso le proprie articolazioni (comitati di quartiere, associazioni di volontariato, fondazioni no profit) si attrezzano per diventare comunità competenti al supporto dei soggetti fragili (anziani soli, disabili, psichiatrici, extracomunitari, etc). Per riuscirci devono poter avere infermieri appositamente formati, assistenti sociali dedicati, psicologi, ostetriche in collaborazione e in rete con i servizi già esistenti (medicina di famiglia, igiene mentale, servizi territoriali etc).

Rilancio della Medicina di genere: consultori familiari adeguandoli ai nuovi bisogni di servizi rivolti alla donna (dall'adolescenza alla menopausa, alla terza età); attivazione in tutti i Pronto Soccorso del servizio di soccorso e assistenza socio-sanitaria delle donne che subiscono violenza.

Superare il modello attuale delle  Rsa (“cattedrali delle lungodegenze”) e riconvertite le strutture attraverso la creazione di servizi alternativi: assistenza domiciliare familiare (ad ogni famigliare che assiste a casa un anziano fragile vengono pagati i contributi pensionistici e assicurativi e l'aspettativa); strutture di accoglienza diurne (Rsa aperte e case famiglia, almeno una ogni 10 mila abitanti, con supervisione); altre strutture di accoglienza in sicurezza e socialità (stanze singole, terrazze comuni, spazi verdi per l'attività fisica dolce, aria).

Attuare una campagna straordinaria di informazione e di prevenzione per controllare la presenza negli alimenti, negli animali, nelle donne gravide dei PFAS (molecole perfluorate tossiche, alcune anche cancerogene,  persistenti nell’ambiente, bioaccumulabili in tutte le specie viventi,  che determinano patologie gravi del sistema endocrino, interferiscono con gli ormoni anche in gravidanza e, attraverso la placenta, determinano malformazioni degli organi fetali in formazione. Causano tra l’altro un abbassamento delle difese immunitarie e modifiche epigenetiche)  non solo nella “zona rossa” di 300 mila abitanti di tre provincie contaminata direttamente dalla Miteni, ma in ogni luogo dove tali prodotti possano essere  entrati in contatto con il suolo e le acque.   

Assetto territoriale e protezione dell’ambiente

Premessa

Non sulle condizioni sociali della popolazione. Uscire dall’emergenza deve quindi realizzare una trasformazione profonda del modello insediativo esistente che migliori la qualità della vita delle comunità, incrementi le dotazioni di spazi pubblici, valorizzi le eccellenze ambientali e storico-artistiche.

L’Unione Europea si è data recentemente l’obiettivo di diminuire del 55%  (su base 1990) le emissioni di gas serra entro dieci anni. Per contro l’Italia è stata più volte condannata per superamenti dei limiti di polveri sottili inalabili e di vari inquinanti nelle acque. Il piano del Recovery Resilient Facility è chiamato, quindi, prima di tutto, a rispondere a queste priorità. C’è bisogno di una vera “rivoluzione verde e transizione ecologica” per decarbonizzare e aumentare l’efficienza energetica, rendere le produzioni circolari, preservare il ciclo dell’acqua e la qualità degli ecosistemi.  C’è bisogno di ricalibrare i piani regolatori, i flussi di traffico e l’uso del patrimonio esistente (centri direzionali, centri commerciali, ecc.) tenendo conto delle modificazioni nella organizzazione del lavoro e nella distribuzione che proprio la pandemia ha accelerato (home e smart working, e-commers, ecc.). C’è bisogno di riconsegnare alle cittadine e ai cittadini del Veneto i beni comuni naturali, storici, culturali e paesaggistici sottratti all’uso pubblico e privatizzati (ville venete, isole della Laguna di Venezia, patrimonio culturale immobiliare demaniale, ecc.). Emblematici i casi veneziani della Vida, di Poveglia, dell’Arsenale, della Casa Tre Oci, dell’Arsenale e altri ancora.

Proposte  

Predisporre e finanziare adeguatamente un grande piano coordinato di manutenzione e naturalizzazione del territorio (aste fluviali, coste, aree montane, siti inquinati, ecc.) per mettere in sicurezza gli insediamenti con interventi di rigenerazione dei cicli bio-geologici. 

Fermare immediatamente ed effettivamente il consumo di suolo modificando l’attuale legge regionale. 

Rendere l’acqua per uso civile e per irrigazione esente dagli inquinanti. Eliminare le fonti di inquinamento. Estendere e potenziare gli impianti fognari e di depurazione delle acque (non solo di quelle afferenti il Lago di Garda e il fiume Boite a Cortina).

Investire sulle reti idriche per ridurre drasticamente le perdite. Dare applicazione al Referendum popolare sull’acqua  del 2011 affidando la gestione del servizio integrato a società pubbliche e senza profitto nello scopo statutario.

Nuovo piano della mobilità e dei trasporti sulla base di un attento ricalcolo dei flussi di traffico (sovrastimati quelli automobilistici), con l’obiettivo di incrementare  il trasporto passeggeri (e merci) su ferro e sul trasporto pubblico locale. 

Aumentare e allargare le aree protette (sistema dei parchi). Ad iniziare dalla istituzione del parco regionale della intera Laguna di Venezia.

Misure per riconvertire l’economia del turismo. 

Utilizzare gli stanziamenti previsti per le nuove autostrade (circa 4 miliardi) per adeguare e mettere in sicurezza le strade attuali. 

Realizzare il progetto di spostamento dello scalo marittimo passeggeri fuori dalla laguna di Venezia.

Progetti a livello urbano per favorire attività educative diffuse, riutilizzando edifici e mettendo in rete spazi aperti, con la relativa richiesta di moratoria per i piani di dismissione del patrimonio pubblico, a cominciare da quelli di Cassa Depositi e Prestiti. 

Realizzazione dei progetti contenuti nel Patto Stato Regione decennale sottoscritto da Ministero, Regione, Sindaci, Confindustria, sindacati ecc. nel febbraio del 2016 e dall’attuazione di quelli contenuti nel cronoprogramma quadriennale sottoscritto dai tecnici A.Ri.C.A. (sentenza del Tribunale Superiore delle acque. 2017) per  eliminare i PFAS anche dalla rete irrigua  attraverso la totale revisione dei depuratori e dei processi produttivi delle aziende con separazione differenziata dei vari scarti, riciclo di cromo, sale e altre materie prime o seconde, il riciclo dell’acqua (a circuito chiuso), l’istallazione di filtri anti PFAS in ingresso nell’acquedotto industriale, separazione dei reflui civili da quelli industriali).

Piano di protezione e salvaguardia delle falde della fascia delle ricariche (una striscia larga dai 10 ai 20 chilometri che si stende nella alta pianura veneta dalla Lessinia al Friuli e oltre). E’ l’anello debole di tutto il sistema idrogeologico del Veneto. Il piano dovrebbe escludere la presenza  di strutture inquinanti  (discariche, depuratori, aziende conciarie, cartiere e altre che usano inquinanti pericolosi lavanderie, aeroporti ecc.).

Incrementare gli investimenti del Programma integrato di edilizia residenziale sociale rispetto al fabbisogno di lungo periodo crescente ed alla necessità di favorire la mobilità sociale e territoriale, specie dei giovani in cerca di occupazione.


Far fronte alla crisi economica

Premessa

La crisi  in Veneto  sta colpendo pesantemente (anche se in modo differenziato) le attività produttive e l’economia in genere. La riduzione del Pil è calcolabile in un meno 10%.  Già ora si stimano siano stati perduti circa 50.000 posti di lavoro, ma si tratta di un calcolo per difetto, che non considera le tante attività della economia informale, il lavoro nero ecc. L'utilizzo della Cassa integrazione e del Fis, unito al blocco dei licenziamenti ha fin’ora arginato gli effetti della crisi sulla disoccupazione, ma si tratta di misure temporanee e limitate ad alcuni settori lavorativi.

Riguardo alla “questione sociale” nel suo complesso, alcuni indicatori indiretti – ma molto significativi – come le richieste ai comuni dei buoni spesa, del sostegno all’affitto e del blocco dei mutui, ci dicono che la quota della popolazione  “a rischio povertà  o  esclusione  sociale” (il 17,9% secondo il Rapporto Statistico 2018 della Regione Veneto) è molto cresciuta, ed è destinata ad aumentare ulteriormente, investendo anche settori nuovi della società – soprattutto le donne sole, le giovani e i giovani, le e i migranti.

La risposta alla crisi economica non può venire solo con le opere pubbliche. In calce alla descrizione di alcuni corposi progetti finalizzati a opere stradali e altre infrastrutture, la delibera regionale sul Recovery Fund indica una ricaduta benefica di migliaia di posti di lavoro per 4 anni. Un calcolo fantasioso e propagandistico (basato sulla media dei salari/anno  previsti moltiplicata per il numero dei possibili occupati) che sarebbe pari all’intero valore degli investimenti previsti! 

Rimangono invece sottodimensionati gli interventi regionali per l'inclusione sociale, il diritto all'abitare, il diritto allo studio, la mitigazione degli impatti delle crisi aziendali, destinati alle fasce deboli della popolazione, alle donne sole,  agli anziani non autosufficienti, malati psichiatrici (in tutto 1,97 mld). Al netto degli interventi già in atto del governo centrale,  le diverse forme di ristoro, la cassa integrazione finanziata dal piano Sure europeo e altre esigue disponibilità, la Regione prevede di investire pochissime risorse sul lato degli interventi sociali e di sostegno al reddito (30/40 mln). Scandalosamente esiguo l'investimento per il diritto all'abitare che prevede il recupero o la costruzione di alloggi di edilizia popolare nel numero di qualche centinaio a fronte di un numero ben più consistente di alloggi non occupati, destinati alla vendita e al progressivo degrado. Non vale la giustificazione dell’esiguità delle risorse a disposizione considerando che il Veneto è l’unica Regione tra quelle a statuto ordinario che ha abolito la quota regionale dell'Irpef, rinunciando a circa ad un introito di un miliardo di euro all'anno.

Proposte

Creare nuova e buona occupazione con un forte intervento pubblico volto ad un reale risanamento ambientale,  alla crescita dei settori della scuola,  della sanità, della cultura, dei servizi sociali. Solo con una ripresa del mercato interno  sarà possibile  fermare la recessione economica.

Sostegno al recupero diretto (Workers buyout, acquisto di una società realizzata dai dipendenti dell'impresa stessa), da parte dei lavoratori e delle lavoratrici, delle aziende che dichiarano fallimento a causa della crisi.

Ripubblicizzazione delle strutture private di assistenza (sanitaria e sociale) e la reinternalizzazione dei lavoratori e delle lavoratrici attualmente dipendenti di cooperative o imprese in appalto presso strutture pubbliche (con relativo adeguamento delle condizioni salariali e contrattuali).

Investimenti in ricerca e sviluppo per la conversione ecologica delle produzioni.

Favorire la riduzione degli orari di lavoro per evitare tagli all'occupazione che si sta generando con lo sviluppo delle nuove tecnologie nella manifattura ma ancora più nei servizi.

Sostenere e allargare il reddito di cittadinanza e di base per tutte /i senza condizioni,  che sancisca il diritto a una vita degna per tutti/i e togliendo la possibilità che chi è privo di risorse venga  sfruttato con salari da fame.

Creare un fondo ottenuto dagli utili dei gestori del Servizio Idrico Integrato (garantito da Arera a tutti i gestori pubblici, misti e privati) per sostenere interamente le bollette degli utenti civili e residenti che non sono in grado di pagare.

Garantire, sempre e comunque,  il minimo vitale della fornitura di acqua (50 litri/persona/giorno) a tutti gli utenti civili e residenti. E, comunque, rendere la tariffa più equa – procapite e a scaglioni -, abbassando le tariffe per i nuclei familiari numerosi, senza aumento per nessun utente civile.


Sovranità alimentare e diritto al cibo - interventi sulla filiera 

Premessa

La terra è il primo presidio per la salvaguardia della nostra salute. Bisogna guardare alla terra come elemento vivo, da trattare con assoluto rispetto. La filiera del cibo, che va dalla sua produzione alla distribuzione, al consumo, al recupero delle eccedenze è il banco di prova della possibilità di uscire in modo sostenibile dalla crisi ecologica e socioeconomica scoppiata con la pandemia. Assicurare a tutte e tutti un cibo buono e ad un costo equo, mantenendo e sviluppando l’estensione del territorio dedicato alla coltivazioni, salvaguardando la fertilità del terreno agricolo e la sua biodiversità sono i compiti che la società cura deve perseguire. 

Le competenze e le responsabilità delle Regioni sono importanti. 

L’agricoltura industriale è responsabile del 10% delle emissioni di gas climalterante. Secondo la Fao il 38% del consumo totale di energia nel sistema alimentare globale viene utilizzato per produrre cibo che viene perso o sprecato. 

E’ necessario riconvertire il sistema agroalimentare  in direzione  di un’agricoltura di piccola scala e attraverso  filiere corte-biologiche-locali. Questi sistemi consumano molte meno risorse e sono più sostenibili nel medio-lungo periodo e forniscono un valore nutrizionale superiore. 

I contadini  sono i migliori difensori dell’ecologia se coltivano in modo naturale, difendono la fertilità del terreno e i migliori alfieri della “sovranità alimentare”, definita come  "il diritto di tutti i popoli (nelle forme politiche concrete che si danno) di decidere il proprio modello di produzione, distribuzione e consumo degli alimenti" in un quadro di equità e solidarietà. 

Proposte

ARRESTO E INVERSIONE DEL CONSUMO DI SUOLO AGRICOLO

Arresto del consumo di uso di suolo agricolo e ri-naturalizzazione di porzioni di territorio in tutti i Comuni, con una prioritaria destinazione all’uso agricolo, attraverso la strumentazione urbanistica (documento regionale di indirizzo e taglio dei fondi regionali ai Comuni che non  adeguano in questo senso la loro normativa urbanistica). 

PER UNA FILERA SOSTENBILE DEL CIBO 

Finanziare una campagna per “fare emergere” e consolidare le “rete del cibo sostenibile”, composta da: produttori biologici, mercati locali, gruppi di acquisto solidali, comunità di sostegno all’agricoltura e tutte le forme che aggregano la domanda in funzione delle aziende che coltivano e distribuiscono il cibo in modo  responsabile  e sostenibile.

Incentivazioni economiche ed ammnistrative del passaggio al biologico e incoraggiamento della condivisione di scelte produttive e rischi da parte di produttori e utilizzatori.

Costruire una consulta regionale sulla “filiera sostenibile del cibo” per organizzare gli scambi tra tutti i soggetti (produttori, distribuzione commerciale, servizi di ristorazione, consumo – a partire da produttori biologici e in trasformazione, CSA, rete GAS, rete negozi bio e mercati bio e a km0).

Sostenere economicamente  i sistemi agricoli diversificati e di piccola scala, mettendo a  bilancio fondi da erogare attraverso bandi per la concessione di finanziamenti a progetti vincolati alla difesa della bio diversità, al contenimento delle emissioni e allo sviluppo di filiere corte di produzione e utilizzo del cibo.  

Incoraggiare e diffondere le buone pratiche, quali; partecipazione attiva a Comunità di sostegno all’agricoltura (CSA) e Gruppi di acquisto solidale (GAS); favorire gli Empori solidali esistenti e lo sviluppo di “Dispense sociali”, come dimostrano varie esperienze di successo dalla organizzazione dal  volontariato.

LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE

Promuovere  lo sviluppo di una rete di esperienza virtuose contro lo spreco alimentare, destinando risorse (ad es. con bandi) ed attrezzare alle organizzazione di volontariato e le cooperative sociali che raccolgono le eccedenze e le veicolano agli utilizzatori, con il coinvolgimento e la valorizzazione delle rete degli empori solidale. In generale rendere più conveniente la ridistribuzione delle eccedenze alimentari rispetto all’affidamento al circuito dei rifiuti in tutte la fasi delle filiera.

FILIERA DEL CIBO EDUCAZIONE ALLA SOSTENIBILITA

Campagna per aumentare la consapevolezza sulle motivazioni per prevenire lo spreco alimentari (risparmio economico e ambientale),  sottolineando l'impatto ambientale e aspetti etici delle scelte alimentari, puntando a cambiare la mentalità e i valori dei consumatori e a sfidare il consumismo.

Coinvolgimento delle scuole a partire da quelle dell’obbligo.


(Venezia 22 dicembre 2020)