IL MANIFESTO DELL'ASSOCIAZIONE PALOMAR DI PISTOIA



  





QUEL CHE SIAMO, QUEL CHE VOGLIAMO DIVENTARE 


Il mondo, oggi 


Il mondo è da decenni attraversato da due grandi contraddizioni: la prima riguarda il rapporto tra l’umanità e l’ecosistema terra; la seconda risiede nella concentrazione delle ricchezze e nel depauperamento dei territori su scala globale. 


Nessuna forza o schieramento politico ha ancora avuto il coraggio di mettere in discussione fino in fondo un modello di sviluppo che sta producendo crisi ambientale, diseguaglianza sociale e di genere. 


Giustizia ambientale, giustizia sociale e giustizia di genere sono oggi i cardini per un progetto democratico e progressista. 


L’accelerazione della pandemia 


L’esperienza globale della pandemia da Covid-19 ha fatto esplodere i sintomi gravi di un malessere che attraversa il mondo, le società nazionali e le realtà locali, e ha segnato i tratti di un futuro gravido di minacce. 


L’emergenza sanitaria si è sommata, aggravandole, alle grandi questioni del riscaldamento globale e alle ormai pluridecennali tensioni sui mercati e nei sistemi interdipendenti dell’economia. 


Ma il Covid-19 non è stata una livella, come alcuni ideologicamente hanno provato a sostenere; al contrario, ha esasperato discriminazioni e diseguaglianze, ha colpito con violenza le vulnerabilità fisiche, sociali, culturali. 


Anche per questo, una reazione diffusa al contagio epidemico è stata la brusca riscoperta del valore di quei beni pubblici, di quelle infrastrutture sociali poste a tutela di diritti (a partire  dal diritto alla salute), che, per quanto riconosciuti a livello individuale, possono essere tutelati efficacemente solo a livello collettivo e di sistema. 


C’è stata la brusca riscoperta del ruolo strategico e insostituibile della visione politica, ripristinata alla regia dell’allocazione imperativa e sovrana di beni e risorse per la cura comune. C’è stata la riscoperta dell’importanza dell’equilibrio tra natura e specie umana, messo in crisi dalla perdita di biodiversità e dall’inquinamento. 


Di contro, si è incrinata la fiducia nei meccanismi “spontanei” di transazione e scambio, nell’intelligenza magica “dei mercati”, nella competizione totale a garanzia del migliore dei mondi possibili. 


La riorganizzazione dei mezzi produttivi ha imposto la necessità della visione politica, a partire dalla disponibilità dei dispositivi di protezione che “il mercato” non riusciva ad assicurare. E una visione politica è urgente che ispiri e realizzi il sostegno alle persone, alle famiglie e alle imprese a fronte della recessione globale. 


La visione politica si realizza concretamente nelle istituzioni democratiche. E la centralità recuperata dalla politica è la centralità dello Stato come risorsa e tutela per i cittadini: uno Stato che si fa interprete della necessità di allentare i rigidi vincoli rigoristi alla spesa pubblica imposti dall’Unione Europea e configura in nuove coordinate il dibattito circa la mobilitazione di ingenti quantitativi di risorse pubbliche comuni a livello europeo. A questo ruolo centrale della politica deve corrispondere una nuova centralità dell’Europa stessa, rinnovata e rilegittimata come luogo del confronto democratico per il bene comune dei suoi popoli. 


Una nuova centralità della politica e l’Europa 


Sulla destinazione delle risorse europee si è già aperto un conflitto tutto politico al quale, per quanto ci compete, dobbiamo prendere parte. 


Un conflitto che si è aperto innanzitutto attorno al ruolo dello Stato e del pubblico nel programma per la ripartenza: tra chi sostiene un ruolo di guida, di programmazione e orientamento degli investimenti, di presenza forte nell’economia e nel welfare, e chi riconosce allo Stato meramente un ruolo di facilitazione, deregolazione, alleggerimento dei carichi fiscali. 


Tre sono i rischi che dobbiamo scongiurare, come precondizione per una giusta allocazione della spesa pubblica: 


il rischio di infiltrazioni da parte delle organizzazioni mafiose: un rischio di natura politico-criminale, vista la capacità di controllo sul territorio che queste esercitano nei confronti dello Stato; organizzazioni che sappiamo endemicamente capaci di deviare a proprio profitto (e per il proprio consenso) importanti flussi finanziari ormai su tutto il territorio nazionale. 


la deregolazione, sotto il velo della semplificazione: la voglia di sbarazzarsi di ogni regola colpisce le forze migliori, sane, del paese, e tende ad abbassare la guardia rispetto ai vincoli ambientali e sociali, che vanno invece piuttosto rafforzati, resi trasparenti, facilmente applicabili e controllabili.  


l’armamentario di paure e ansie “virtuali” contro artificiosi capri espiatori: la principale risorsa delle destre contemporanee nell’affermare la propria egemonia politica è sembrata, almeno in Italia, entrare in crisi di consenso e di rilevanza, ma può riacutizzarsi e assumere nuove sembianze, adeguate alle nuove emergenze economiche e sociali. 


Dentro i conflitti 


Rispetto alla prospettiva dell’Associazione Palomar, ancorata ai valori dell’etica ambientale, della democrazia, dell’eguaglianza di genere e del socialismo, le rinnovate funzioni della politica ingiungono una sfida epocale e una risposta inedita. 


Sappiamo che nessuna svolta storica si determina automaticamente, ma è frutto di battaglie sociali e culturali che, da posizioni di parte, riescono a interpretare valori universali, a diventare maggioranza. 


Non vogliamo certo confondere i nostri desideri con la realtà. 


Anzi, vediamo segnali preoccupanti nell’azione del governo nazionale: un’azione prevalentemente tesa a roboanti annunci, cui hanno fatto seguito procedure di implementazione farraginose e scarsamente tempestive; una confusione e un’incertezza crescenti sul rilancio e la ripartenza di comparti chiave per la tutela di diritti e il sostegno nella vita quotidiana della maggioranza dei cittadini e delle cittadine: dalla scuola, all’Università, alla Ricerca e a molti altri servizi pubblici. 


Ci preoccupa anche la tendenza ad accentrare sull’Esecutivo (nazionale e regionale) l’intero processo decisionale su questioni strategiche, che richiedono non solo il pieno coinvolgimento del potere legislativo, del Parlamento e dei Consigli, ma anche la partecipazione attiva dei corpi intermedi e di rappresentanza. Partecipazione che non può risolversi in una mera attività di pressione e lobbying, più o meno trasparente, sul “Principe”. 


La battaglia delle idee 


Sappiamo bene che le nostre priorità - la cura dell’ambiente, dei diritti civili e sociali, dell’eguaglianza di genere, del lavoro - oggi sono marginali nei luoghi del potere. Siamo consapevoli che si è finanche spezzato il legame tra le nostre speranze e quelle dei soggetti più colpiti dalla precarizzazione e dall’isolamento, una frammentazione imposta alle nostre società dal sistema capillare di relazioni di potere e di gerarchie neoliberali. 

Questo sistema ha aumentato le disuguaglianze e imposto alla mobilità sociale, intra e intergenerazionale, barriere talmente alte da prefigurare, sotto l’apparente liquefazione dei riferimenti di strato e di ceto sociale, la dura realtà di un nuovo ordine di caste: sempre più nutrita è la polvere degli invisibili, esclusi dal godimento della cittadinanza formale e costretti in confini praticamente inviolabili. 


Vogliamo ricomporre speranze. Sappiamo che la ricostruzione di questo legame è difficile e dall’esito tutt’altro che scontato, a fronte della penetrazione di atteggiamenti e valori di chiusura, di sopraffazione violenta in una guerra tra poveri, di stigmatizzazione e persecuzione del diverso come nemico. 


Per provare a invertire questa deriva crediamo che sia necessario un impegno di lungo periodo teso alla mobilitazione attorno ai temi 


della sostenibilità ecologica tra diritti, beni comuni e risorse; 

della rappresentanza; 

del contenimento e risoluzione della violenza e delle disuguaglianze di genere; 

del presidio degli interessi di coloro che maggiormente hanno pagato il prezzo della precarizzazione e dell’isolamento. 


Vogliamo ricostruire una leadership collettiva, democratica e progressista, una presenza che stimoli alleanze tra i quartieri popolari delle nostre città e le parti dinamiche del lavoro, della cultura e dell’impresa. 


Vogliamo ricostruire una comunità, che richiami alla responsabilità tutti i soggetti della sinistra politica, sociale e culturale. 


Vogliamo ricostruire legami forti nella società civile, con le organizzazioni sociali ed economiche, e con altre e nuove esperienze di civismo attivo e solidale. 


Vogliamo ricostruire il rapporto tra lo Stato e i settori sociali e territoriali marginali, in termini di cura, reciproco ascolto, opportunità offerte e tutele. 


Discriminanti 


1) La conversione ecologica del sistema socioeconomico 

L’Italia consuma quattro volte le risorse del paese. 

La perdita di biodiversità, dovuta a deforestazione, escavazione, infrastrutturazione e edificazione, aumenta i rischi epidemici. Continuiamo a produrre come se credessimo nella illimitata disponibilità delle risorse naturali. 

Alla sostenibilità va affiancato un modello fatto di economia circolare, superamento dell’uso del carbon fossile, mobilità sostenibile, passaggio dal chimico al biologico nell’agricoltura e del florovivaismo. 


2) La redistribuzione giusta delle ricchezze prodotte 

Dovremo mettere fine a quella malintesa sussidiarietà verticale e orizzontale, che si è tradotta nell’indebolimento e nella segmentazione degli strumenti di intervento sociale. Dovremo ricostruire un forte sistema pubblico universalistico di tutela dei diritti, e il rilancio di quelle infrastrutture pubbliche: sistema sociosanitario,  sistema dell’educazione, dell’istruzione e della ricerca;  sistema delle istituzioni di tutela di beni comuni, ambientali, paesaggistici e culturali. 


3) Il reddito di cittadinanza universale, incondizionato, individuale 

Le reti di sicurezza sociale devono essere rafforzate per garantire un’adeguata sostituzione del reddito indipendentemente dallo status occupazionale dell’individuo. Il rafforzamento della sostituzione del reddito e del sostegno è importante per tutti: per i lavoratori atipici, per le donne impiegate nel mercato del lavoro più marginalizzato e sottopagato, per le persone in situazioni di vulnerabilità, per i cittadini migranti resi irregolari da leggi inique e inattuabili. 


4) Azioni di politiche di genere 

Durante l’emergenza sanitaria la situazione del lavoro, quello della violenza e quello della disparità sui tempi di cura e di lavoro familiare sono gli ambiti problematici più evidenti rispetto alle questioni di genere (e dei generi). Le amministrazioni devono scegliere politiche e interventi che mirino a riequilibrare i rapporti e a scardinare la cultura violenta del sessismo, a partire dall’educazione, devono poter sostenere al meglio le realtà dei centri antiviolenza e garantire i diritti in materia di IVG e non solo. L’assenza delle istituzioni nella presa in carico è stata fin qui assai grave e non più accettabile. 


Abbiamo bisogno di una coscienza sociale e politica a 360 gradi, intersezionale che si basi sulla volontà dell’uguaglianza. 


Un civismo democratico largo 


Come associazione politico culturale, nei limiti delle nostre capacità e del nostro raggio d’azione riferito al territorio pistoiese, l’assunzione di questa sfida comporta una conferma dei nostri temi di interesse storici: la lotta per i beni pubblici e per i beni comuni,  il presidio della pari dignità, della trasparenza e della democraticità nel confronto tra i diversi interessi presenti nella società pistoiese, nel dibattito pubblico e nella presa delle decisioni pubbliche. 


La nostra determinazione è ispirata a un valore fondante della cultura civica democratica: quello della partecipazione e dell’azione diretta da parte di ciascun cittadino e dei cittadini liberamente associati, tesa a realizzare cambiamenti concreti. 


La partecipazione è elemento costitutivo di ogni democrazia, non può esaurirsi nel meccanismo elettorale della rappresentanza e della delega. 


La dimensione pubblica della cittadinanza esige non solo la denuncia o la presentazione di richieste alle istituzioni costituite; richiede una piena assunzione di responsabilità e un agire strategico teso a produrre cambiamenti tangibili. 


E questa è la nostra visione politica.